Al fine di preservare la serenità e l’equilibrio del minore, in presenza di serie e motivate ragioni, il giudice può addivenire ad una diversa e non paritaria ripartizione dei tempi e delle modalità di permanenza del minore.  

Il principio di diritto, formulato in linea prettamente teorica, dell’affidamento condiviso del minore si basa su una frequentazione dei genitori tendenzialmente paritaria. Talvolta, però, a causa della distanza fisica esistente tra i luoghi di vita e di lavoro dei genitori, il minore si trova costretto a sostenere viaggi e a sopportare tempi tali da compromettere i suoi studi, la sua serenità, il suo equilibrio, la sua vita di relazione.

In tali ipotesi il giudice può rimodulare l’assetto della frequentazione, al solo fine di assicurare al minore una situazione il più possibile sana ed armoniosa.

Nel caso sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione, una madre, collocataria del figlio minore, chiedeva ed otteneva dal giudice di appello di modificare i tempi e le modalità di permanenza del figlio presso il padre, stabilendo che il minore trascorresse con la madre i fine settimana alternati e che il padre, nelle settimane in cui non aveva il minore con sé, potesse tenerlo due giorni infrasettimanali. Il padre proponeva reclamo incidentale, volto a rivedere, altresì, l’obbligo di mantenimento posto a suo carico. Respinto il reclamo, il padre proponeva ricorso per Cassazione.

La Corte di Cassazione, dopo aver richiamato il principio della bigenitorialità, che impone la presenza condivisa di ambedue i genitori nella vita del figlio, precisa che, in tema di affidamento dei minori, il giudice è chiamato a compiere un giudizio prognostico orientato esclusivamente alla tutela del preminente interesse morale e materiale del minore ad un sano sviluppo psico-fisico dello stesso.

 

La regolamentazione dei rapporti con il genitore non convivente, pertanto, non può avvenire sulla base di una simmetrica e matematica ripartizione dei tempi di permanenza, ma deve basarsi su una valutazione ponderata del giudice che, partendo dall’esigenza di garantire al minore la situazione più idonea al suo benessere psico-fisico, tenga conto anche del suo diritto ad una significativa e piena relazione con entrambi i genitori ed al contempo tuteli il diritto di ogni genitore ad esplicare il proprio ruolo educativo nei confronti del figlio.

 

Secondo la Corte, nell’interesse del minore ed in presenza di serie e motivate ragioni, il giudice può individuare un diverso assetto delle modalità e dei tempi di frequentazione che assicuri al bambino la situazione più confacente al suo benessere.

L’affidamento condiviso, inoltre, essendo fondato sull’esclusivo interesse del minore, non elimina l’obbligo di contribuire da parte di uno dei genitori mediante la corresponsione di un assegno di mantenimento ed al contempo non implica come conseguenza automatica che ciascun genitore debba provvedere, in modo paritario, diretto ed automatico alle esigenze del figlio.

(Ordinanza n.19323/20 dep. il 17.09.2020, Corte di Cassazione, sez.I civile)