Con il termine gaslighting si intende una forma di manipolazione psicologica che cerca di minare l’autostima e la sanità mentale della vittima per poterla controllare, facendola sentire inetta e sbagliata.
Il tratto tipico di chi subisce crudeltà mentale da parte del proprio partner è uno stato di totale confusione ed assuefazione che impedisce di percepire quanto subito come sbagliato.
Il manipolatore è, invece, una persona narcisista che impone un amore finto, malsano in grado di imprigionare il partner in una relazione tossica e anaffettiva.
Nel novero dei danni alla persona l’abuso psicologico del gaslighting si colloca all’interno dei danni non patrimoniali (art. 2059 c.c.) ed in particolar modo nell’ottica della tutela risarcitoria fondata sul gravissimo oltraggio alla sfera personale, relazionale ed emotiva.
L’attenzione deve essere focalizzata sulla lesione dei diritti inviolabili della persona ed in particolare sul pregiudizio esistenziale, che riguarda tutti quei comportamenti che generano sofferenze per il peggioramento della qualità della vita, l’alterazione delle abitudini quotidiane ed il percorso di realizzazione individuale.
Nella valutazione del danno alla persona vittima di crudeltà mentale si considerano quegli eventi che generano traumi di tipo psichico ed esistenziale.
Tali traumi comportano disequilibri e chiusura emotiva nonché disturbi della personalità e difficoltà nei rapporti interpersonali.
Le condotte del gaslighter realizzate all’interno del rapporto coniugale potrebbero, ad esempio, costituire il presupposto per il riconoscimento dell’addebito della separazione laddove si dimostri che gli atteggiamenti ostili del coniuge abusante abbiano di fatto reso impossibile la convivenza e irreparabile la rottura dell’unione matrimoniale.
In più occasioni la giurisprudenza civile ha evidenziato come “in una doverosa visione evolutiva del rapporto coniugale, il giudice, per pronunciare la separazione, deve verificare l’esistenza, anche in un solo coniuge, di una condizione di disaffezione al matrimonio tale da rendere incompatibile, allo stato, la convivenza (Trib. Milano, sentenza n. 4669/2015).
Sul piano della tutela penale il legislatore, ad oggi, non ha inquadrato il fenomeno del gaslighting in un’autonoma e tipica fattispecie di reato.
Ciò non toglie che le anzidette condotte abusanti possano essere ricomprese in figure di reato quali ad esempio “atti persecutori” di cui all’art. 612 bis c.p. o “maltrattamenti in famiglia” di cui all’art. 572 c.p.
Le nuove dinamiche di degenerazione dei rapporti familiari, infatti, non si esauriscono nelle percosse, nelle lesioni e nelle minacce, ma molto spesso si traducono in veri e propri atti di disprezzo e di offesa arrecati alla dignità personale, che sfociano nell’inflizione di sofferenze morali (Cass. n. 4849/2015).
Il gaslighting è quindi un fenomeno molto diffuso ed al contempo oscuro poiché, a causa della sudditanza psicologica, induce la vittima a soffrire in silenzio rendendola spesso incapace di contrastare le dinamiche abusanti della propria relazione.